L’ organizzazione in moduli di un sistema operativo si ottiene in vari modi. Con il metodo stratificato si suddivide il sistema in un certo numero di strati o livelli, ciascuno costituito costruito sopra lo stato inferiore. Lo strato più basso è lo strato fisico, e quello più alto l’ interfaccia utente. Lo strato di un sistema operativo è una realizzazione di un oggetto astratto, che incapsula i dati e le operazioni che trattano tali dati. Ogni strato può richiedere l’ esecuzione di operazioni solo su gli strati di livello inferiore. Il vantaggio principale offerto da questo metodo è la modularità. Il primo strato si può mettere a punto senza intaccare il resto del sistema, poiché per realizzare le proprie funzioni, usa solo lo strato fisico. Passando al secondo strato si presume la messa a punto del primo, e cosi via. Se durante la messa a punto di uno strato si riscontra un errore, questo deve essere in quello strato, poiché gli strati inferiori sono già stato corretti. Una prima difficoltà di utilizzo di questo metodo riguarda l’ accurata definizione degli strati, cosa non sempre banale. Un’ ulteriore problema è che la struttura stratificata tende ad essere meno efficiente. Per esempio una programma utente per eseguire un’ operazione invoca una chiamata del sistema che è intercettata dallo strato appropriato, che a sua volta chiama lo strato di gestione della memoria, che a sua volta chiama la strato di scheduling della CPU ecc.. Ne risulta una chiamata di sistema che richiede molto più tempo di una chiamata di sistema corrispondente in un sistema non stratificato. Attualmente si progettano sistemi basati su un numero inferiore di strati, ma con più funzioni.
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