La programmazione dei primi elaboratori avveniva in un linguaggio macchina, in cui ciascuna istruzione consiste in una particolare configurazione di 1 e 0 (codifica binaria). Poiché per un uomo lavorare con configurazioni di 1 e 0 è particolarmente difficile e fonte di confusioni, emerse abbastanza presto l'idea di sviluppare delle notazioni simboliche per manipolare i programmi in linguaggio macchina in maniera più intuitiva. Queste notazioni si chiamano linguaggi assembly. Un programma scritto in un linguaggio assembly può essere meccanicamente tradotto in linguaggio macchina da un semplice programma chiamato assembler. L'utilizzo di un linguaggio assembly consente al programmatore di assegnare delle etichette mnemoniche, cioè facili da ricordare e di significato intuitivo, agli indirizzi dei vari dati allocati in memoria. Questo approccio rende possibile, per il programmatore, ragionare in termini di entità simboliche che sono talmente simili al concetto matematico di variabile da meritare lo stesso nome. Nella programmazione, quindi, si può definire una variabile come il nome simbolico di una zona di memoria allocata per contenere un dato di un certo tipo. E implicita nel nome stesso di "variabile" la possibilità che il suo valore (cioè il dato contenuto nella zona di memoria da essa designata) possa variare nel corso dell'esecuzione del programma.
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