La storia degli hackers in Italia

In Italia è interessante osservare che il fenomeno dell'hacking, contrariamente a quanto accade in altri paesi, assume connotati del tutto atipici e assolutamente propri, che non è dato riscontrare in alcun'altra cultura dello stesso periodo storico. E ciò costituisce motivo di vanto per quelli che Andrea Monti e Stefano Chiccarelli battezzano come gli "smanettoni italiani" nell'ormai celebre "Spaghetti hacker" (ed.Apogeo, 1997), il testo che più di ogni altro ha il merito di tracciare la storia dell'hacking italiano, così come "Hackers" di Steven Levy (Ed.Shake, 1996) aveva raccontato la leggenda degli hacker d'america. Anche in Italia il fenomeno nasce (per poi ricollegarsi, dopo aver raggiunto una sua maturità, al corrispondente fenomeno americano) per il medesimo bisogno di conoscenza, per la stessa curiosità, per lo stesso desiderio di "metterci su le mani" che aveva ispirato i giovani hacker del MIT. Favorito dal lancio dei primi computer a basso costo, prodotti dalla Commodore e dalla Sinclair, l'hacking affascina e coinvolge in Italia centinaia di giovani, che, quasi naturalmente e molto velocemente, diventeranno degli esperti d'informatica in grado di varcare le soglie della conoscenza per spingersi nel mondo dell'esplorazione. Questa nuova tendenza si scontra quasi subito con norme vecchie di decenni, inadeguate alle esigenze dello sviluppo tecnologico, alle quali fanno seguito interventi legislativi che, nell'intento di portare la normativa al passo con i tempi, finiscono per sanzionare condotte della cui rilevanza penale si ha ragione di dubitare. Il miracolo italiano dell'informatica inizia con gli "home computer" immessi sul mercato verso la fine degli anni '80 I nomi "Commodore Vic 20", "Commodore 64", "Zx Spectrum", fanno rivivere, a quanti erano ragazzi in quegli anni, le stesse sensazioni che allora li pervadevano alla vista del "Ready" sullo schermo del televisore di casa, con la consapevolezza, oggi, di aver fatto parte di un periodo storico per l'hacking italiano. A modo suo, ogni ragazzo che sia andato "oltre" i giochi e si sia cimentato nella programmazione e nell'utilizzo tecnico di quei computer "giocattolo" è stato un hacker, perché ha rinunciato ad ore di comodo svago per capire come quei nuovi sistemi funzionassero, come quelle scatole così diverse da ogni altra cosa con la quale avevano finora avuto a che fare, potessero dimostrarsi strumenti così versatili da non passare mai di moda, da non essere mai accantonati per fare spazio ad un "giocattolo" nuovo. Grazie all'avvento dei primi modem (in genere autocostruiti, dato l'alto costo sul mercato) e dopo aver utilizzato per qualche anno il Videotel, finalmente l'informatica sposa le telecomunicazioni e nascono le prime reti telematiche. Nulla a che vedere con internet ovviamente, che in quel periodo è ancora in fase embrionale Il popolo dell'hacking italiano, sulla scia dell'esperienza americana, si trasferisce in massa su Fidonet e sulle altre reti telematiche amatoriali, restituendo a nuova vita il ciberspazio già nato con il Videotel e successivamente abbandonato. E' in questo periodo che il mondo dell'hacking italiano, come avvenuto già in passato per gli hacker statunitensi, si scontra per la prima volta con le forze dell'ordine e la magistratura. Gli alti costi delle connessioni telefoniche (e una buona dose di incoscienza) spingono gli hacker italiani a procurarsi l'accesso ai sistemi "outdial" o alla rete Itapac, in entrambi i casi con l'addebito dei costi, rispettivamente, a carico delle aziende proprietarie o della Sip. Oltre a questa pratica, che certamente non favorisce l'instaurazione di buoni rapporti tra la comunità informatica italiana e le forze dell'ordine. La crescente diffusione delle BBS preoccupa i servizi segreti, che iniziano ad interessarsi delle comunità telematiche temendo l'utilizzo a scopo eversivo, o comunque criminale, dei nuovi strumenti di comunicazione. Purtroppo la scarsa cultura informatica produrrà un'escalation di soprusi e di violazioni dei diritti civili di molti cittadini telematici che tracceranno una delle pagine più tristi della storia dell'hacking italiano.























































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