Finché una procedura deve essere eseguita da un essere umano,
tutti noi sappiamo come fare a specificarla. Quando invece dobbiamo fare in
modo che un elaboratore elettronico svolga un compito che vogliamo affidargli
le cose cambiano. Gli elaboratori elettronici non sono altro che delle macchine,
anche se molto complesse, che non sono in grado di capire delle istruzioni scritte
nel linguaggio comunemente impiegato per comunicare tra esseri umani. Questo
per via dell'ambiguità inerente di tutte le lingue umane. Sorge allora la necessità
di definire un linguaggio assolutamente non ambiguo e preciso tramite il quale
sia possibile esprimere i compiti che vogliamo far svolgere alla macchina, in
modo tale che essa possa eseguire in modo meccanico e automatico le istruzioni
che le diamo. Un linguaggio con queste caratteristiche è un linguaggio di programmazione.
Un linguaggio di programmazione non deve per forza essere comprensibile direttamente
da una macchina; anzi, più `e "vicino" al modo di ragionare di chi lo deve utilizzare
per scrivere programmi, più è facile da usare. Si parla in tal caso di linguaggi
"ad alto livello". E' sufficiente che poi esista uno speciale programma, chiamato
interprete in grado di interpretare ed eseguire i programmi scritti in un linguaggio
siffatto, oppure un altro tipo di programma, chiamato compilatore in grado di
tradurre automaticamente un programma scritto in un linguaggio di alto livello
in un programma eseguibile direttamente dalla macchina. A seconda del tipo di
programma che si deve scrivere, un programmatore può scegliere uno o l'altro
linguaggio. E' però opportuno sapere che i linguaggi di programmazione vanno
e vengono, evolvono e si rinnovano continuamente; è bene quindi che un informatico
si abitui subito all'idea che durante la sua vita professionale dovrà usare
molti linguaggi diversi, con caratteristiche diametralmente opposte, e non smetterà
mai di impararne di nuovi.
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