E’ il servizio Internet più recente ma anche quello che ha avuto maggior sviluppo negli ultimi anni. Utilizzando un navigatore o browser è possibile visualizzare pagine ipertestuali di informazione con il supporto di immagini, suoni, animazioni. Per definire cosa sia un ipertesto prendiamo in considerazione le seguenti definizioni:
“Termine coniato da Ted Nelson attorno al 1965 per designare un insieme di documenti contenenti riferimenti incrociati i quali permettono al lettore di muoversi facilmente da un documento all’altro” (Free On Line Dictionary of Computing)
In sintesi gli ipertesti sono insiemi di documenti consultabili
in modo non sequenziale attraverso un software
(es. browser) che permette al lettore di muoversi agevolmente da un documento
ad un altro documento correlato in modo discontinuo. Sebbene il concetto di
ipertesto risalga agli anni ’60, l’applicazione comune più diffusa ha preso
piede con la nascita del Web, la ragnatela, progettata da Tim
Berners-Lee al CERN
di Ginevra tra il 1989
e il 1990. Successivamente questo sistema si diffuse rapidamente passando da
interfacce semplici e a caratteri a soluzioni software molto raffinate con supporto
per elementi grafici e multimediali.
Il World Wide Web (Web) è una rete di risorse di informazioni che si basa su tre meccanismi per rendere queste risorse prontamente disponibili al più vasto insieme possibile di utenti:
Il web nacque per permettere ai ricercatori di condividere la documentazione scientifica in formato elettronico ed indipendentemente dalla piattaforma, migliorando la comunicazione e la cooperarazione. Vennero definiti standard e protocolli per scambiare documenti su reti dati: il linguaggio HTML e il protocollo http. Questi standard e protocolli supportavano inizialmente la sola gestione di pagine HTML statiche, vale a dire file testuali arricchiti d’informazioni di formattazione visualizzabili e, soprattutto, navigabili utilizzando opportune applicazioni (browser o web browser). Nonostante le limitazioni delle pagine HTML statiche, la semplicità della tecnologia decretò un immediato successo, prima in campo accademico e di ricerca, quindi anche in quello commerciale, facendo nascere quella che oggi è anche nota come era del web. Per superare le limitazioni del progetto iniziale, fin da subito furono definiti strumenti capaci di generare pagine HTML dinamiche (ad es. utilizzando dati estratti da un Database). La prima soluzione di questo tipo furono le CGI (Common Gateway Interface). Attraverso una CGI è possibile richiedere ad un Web server di invocare un’applicazione esterna e presentare il risultato come una qualsiasi pagina HTML. Questa soluzione, sebbene molto semplice da realizzare, presenta numerose limitazioni di progetto. Per dare al web una maggiore interattività e dinamicità sono state perseguite due strade. Da un lato sono state aumentate le funzionalità dei browser attraverso un’evoluzione del linguaggio HTML e la possibilità d’interpretazione di linguaggi di scripting (JavaScript). Dall’altro si è migliorata l’elaborazione lato server attraverso una nuova generazione di linguaggi integrati con il Web Server (JSP, PHP, ASP,…) trasformando i Web Server in quelli che sono oggi più propriamente noti come Application Server. La diffusione di queste soluzioni ha consentito di avviare l’utilizzo del web come piattaforma applicativa che oggi trova la sua massima espressione nei Web services alla cui realizzazione e diffusione sta lavorando l’intera industria mondiale del software, dai grandi nomi commerciali fino alle comunità Open Source ed agli stessi utenti finali tanto che, dopo l’originario web statico e il successivo web dinamico, siamo sulla soglia del terzo passo, contrassegnato come web computing. Scopo dei web services è di limitare il più possibile le attività di implementazione, consentendo di accedere a servizi software resi disponibili in rete, assemblarli secondo le proprie necessità e pagarli soltanto per il loro utilizzo effettivo. Nonostante tutte queste evoluzioni, il web rimane, ancora e soprattutto, una gigantesca biblioteca di pagine HTML statiche on-line. Però, lo standard HTML se da un lato con la sua semplicità ha contribuito all’affermazione del web, dall’altro ha la grossa limitazione di occuparsi solo ed esclusivamente della formattazione dei documenti, tralasciando del tutto la struttura ed il significato del contenuto. Questo pone notevoli difficoltà nel reperimento e riutilizzo delle informazioni. Per rendersi conto di questo è sufficiente eseguire una ricerca utilizzando uno dei molti motori di ricerca disponibili in rete e ci si accorgerà che, delle migliaia di documenti risultanti dalla query, spesso solo una piccola percentuale è d’interesse per la ricerca che s’intendeva fare. Ad esempio, per un qualsiasi motore di ricerca, non esiste alcuna differenza fra il termine Rossi nel contesto Il Sig. Rossi ed il termine Rossi nel contesto Capelli Rossi, rendendo la ricerca molto difficile. La risposta a questo problema è venuta, ancora una volta, dal fisico inglese Tim Berners-Lee, che, abbandonato il CERN, ha fondato il consorzio W3C che ha assunto il ruolo di governo nello sviluppo di standard e protocolli legati al web. Egli nel 1998 ha definito lo standard XML (Extensible Markup Language), un metalinguaggio derivante dall’SGML che consente la creazione di nuovi linguaggi di marcatura (ad es. lo stesso HTML è stato ridefinito in XML come XHTML). Sua caratteristica innovativa è la possibilità di aggiungere informazioni semantiche sui contenuti attraverso la definizione di opportuni tag (web semantico). Per saperne di più consulta i seguenti approfondimenti:
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